Approfondimenti

APPROFONDIMENTI

Di seguito approfondimenti e curiosità di alcune delle foto esposte sui muri delle case di Pozzale.

Foto 1: Donne che fumano la pipa 

A Pozzale fino alla fine degli anni sessanta, era caratteristico osservare alcune donne anziane che fumavano la pipa.

Come mai le donne fumavano?

La spiegazione che viene fornita si rifà alla prima guerra mondiale quando imperversava l'epidemia di “spagnola” che fece milioni di vittime in tutta Europa.

A quel tempo si credeva che i fumatori di pipa non venissero, o più difficilmente venissero ,contagiati dalla malattia rispetto a coloro che non fumavano.

Gli uomini di Pozzale insegnarono alle loro donne a fumare , non le sigarette, troppo signorili e costose, ma la pipa , che poteva essere anche costruita artigianalmente, a casa.

Da “La Conca pozzalina” di Giovanni Battista da Forno Panizza.            


Foto 6: Scivolare sulla neve 

Scivolare lungo un pendio con ai piedi un paio di sci oppure a cavalcioni di una slitta: la neve è anche gioco, sport e agonismo. Le slitte oltre a essere impiegate per il trasporto di legna e fieno erano usate anche per diletto da adulti e bambini. 

Fino a quando le automobili in circolazione furono poche, era consuetudine usare lo slittino, a uno o più posti, anche sulle strade dei paesi. Maschi e femmine avevano tecniche differenti, i ragazzi per essere più veloci guidavano a pancia in giù con la testa rivolta in avanti, mentre le bambine preferivano stare sedute con le gambe allungate in avanti o piegate e con i piedi sui pattini.

L’uso di affrontare i pendii innevati con gli sci (“pattini da neve”) si diffuse sulle Alpi verso la fine dell’800. È un nuovo modo per conoscere ed esplorare le montagne durante l’inverno che inizialmente coinvolse soprattutto chi già era avvezzo all’alpinismo. Nel volgere di alcuni decenni la pratica intraprese due strade diverse: lo sci alpinismo e lo sci alpino.
A cimentarsi furono soprattutto gli uomini, ma non mancarono neanche le donne. A sostenere la diffusione dello sci concorsero molti fattori che portarono, soprattutto lo sci alpino, a diventare un fenomeno di massa. In molti piccoli paesi anche del Cadore verso gli anni ’50-’60 vennero allestiti degli impianti di risalita per permettere a tutti e soprattutto ai bambini di cimentarsi nella disciplina.



Foto 12: Cortei nuziali

I cortei nuziali, spesso chiassosi, che si sviluppano tra le vie dei paesi e accompagnano gli sposi, sono ancora oggi una maniera per rendere partecipe e consapevole dell’evento l’intera comunità locale. Il matrimonio infatti non è mai solo una questione che coinvolge due persone e una ristretta cerchia di parenti e amici, ma ha un evidente peso sulle dinamiche sociali. 

Nella montagna appenninica settentrionale musica e canto rivestivano un ruolo importante nei rituali di nozze. Nell'area conosciuta come "Quattro Province", Piacenza, Pavia, Genova e Alessandria era la cosiddetta musica da piffero a seguire gli sposi lungo le strade fino all’arrivo in chiesa. Le melodie erano eseguite col piffero (oboe popolare ad ancia doppia) e, fino agli anni trenta, con la müsa (cornamusa appenninica). La tradizione, mai del tutto abbandonata, è oggi rivitalizzata e ad affiancare il piffero si trova la fisarmonica. 



Foto 13: Rifornirsi d’acqua 

Prima che l'acqua corrente venisse portata nelle abitazioni, verso gli anni '50, '60 del Novecento, gli abitanti di Pozzale e dell'intero Cadore si rifornivano per i bisogni domestici alle fontane presenti nelle contrade dei paesi o direttamente ai ruscelli che attraversavano gli abitati. L'approvvigionamento d'acqua per uso domestico era compito per lo più delle donne, che si recavano alle fontane con secchi in rame sbalzato, in legno o in lamiera zincata. I recipienti erano trasportati a mano oppure con l'arconcello. Il campanilismo, che anima ancora oggi la popolazione del Cadore, porta a giudicare l'acqua delle varie fonti “buona” o “cattiva” in un processo quasi di identificazione tra il carattere degli abitanti del paese e la sua acqua. Così l’acqua di alcune fonti sembra essere la causa del carattere stravagante degli abitanti di certe borgate.



Foto 17: Ragazze con la gerla 

Photo 17: Girls with pannier

Le attività tradizionali in montagna richiedevano frequenti spostamenti lungo i versanti per attendere ai lavori del bosco, per seguire gli spostamenti del bestiame, per curare la terra e i prati. 

Il trasporto di carichi come legna, fieno, prodotti agricoli, letame e altro ancora costringeva all’utilizzo di mezzi e strumenti differenziati in base alla stagione, alle pendenze dei luoghi, alla disponibilità o meno di strade e non ultimo al sesso. Le donne portavano per lo più i pesi in spalla con la gerla e spesso si trattava di carichi molto pesanti e voluminosi. 

La grandezza e la foggia delle gerle potevano variare in base a ciò che doveva essere caricato e all’altezza della persona, mentre per proteggere le spalle veniva utilizzato un basto leggermente imbottito. Giovani e meno giovani inoltre venivano ingaggiate a giornata per trasportare sabbia, pietrame, legna e molto altro. 

Nella gerla le anguane, figure mitologiche che popolano le acque e i boschi cadorini, tenevano i loro bambini che allattavano buttando sulle spalle i lunghi seni. La gerla risultava un mezzo di trasporto tipicamente da donna, tanto da entrare quale elemento identificativo del costume femminile, come si evince da molte cartoline d’epoca. 



The traditional activities in the mountains required frequent movements along the slopes to wait for the work of the forest, to follow the movements of the livestock, to take care of the land and the meadows. 
The transport of loads such as wood, hay, agricultural products, manure and more forced the use of means and tools which were differentiated according to the season, the slopes of the places, the availability or not of roads and not least to gender. Women mostly carried weights on their shoulders with the pannier (a basket with straps) and often these were very heavy and voluminous loads. The size and shape of the pannier could vary according to what had to be loaded and the height of the person, while a slightly padded base was used to protect the shoulders. Young and old were also hired every day to transport sand, stones, wood and much more. In the pannier, the anguane (mythological figures that populate the waters and the Cadore woods) kept their children breastfed by throwing long breasts on their shoulders. The pannier was a typically female means of transport, so much so as to enter as an identifying element of the female traditional costume, as can be seen from many vintage postcards.



Foto 22: Guide alpine 

Photo 22: Alpine Guide

Per lungo tempo l'alta montagna è stata considerata un luogo inospitale, distante e misterioso.

Ma a partire dal XIX secolo le Alpi iniziarono ad attrarre turisti ed escursionisti affascinati dai paesaggi sublimi e terribili in un misto di sentimento di attrazione e repulsione. Esperti montanari, pastori e cacciatori di camosci, profondi conoscitori delle loro terre, si trasformano in guide per accompagnare sui monti uomini e donne appartenenti, inizialmente e per lungo tempo, quasi esclusivamente a un’élite aristocratica. Solo nel corso del XX secolo, il turismo alpino si estenderà a tutti i ceti sociali, divenendo così di “massa”. Gli alpigiani sfruttarono la loro conoscenza dei luoghi per trasformare l’attività di accompagnatore in un vero e proprio mestiere.

La prima associazione di guide alpine venne fondata nel 1821 a Chamonix con il nome di Compagnie des Guides de Chamonix.


For a long time, high elevation mountains were considered an inhospitable, distant, and mysterious place. But from the nineteenth century, the Alps began to attract tourists and hikers fascinated by the sublime and treacherous landscapes in a mixture of feeling of attraction and repulsion. Expert mountaineers, shepherds and chamois hunters, deep connoisseurs of their lands, are transformed into guides to accompany men and women on the mountains belonging, initially and for a long time, almost exclusively to an aristocratic elite. Only during the twentieth century, alpine tourism extended to all social classes, thus becoming tourism for the "masses".

The alpine people exploited their knowledge of the places to transform the activity of chaperone into a real job. The first association of mountain guides was founded in 1821 in Chamonix under the name of Compagnie des Guides de Chamonix.


Foto 64: Kalash, gli ultimi infedeli.
Foto 64: Kalash, the last infidels of Asia

Nemici di Allah , infedeli. Una tra le più piccole combattive popolazioni della terra è chiamata Kafir. Ma i mille Kafiri che sopravvivono in un eden alpestre tra i labirinti rocciosi dell'Hindu Kush, mai domati e mai islamizzati, si autoproclamano Kalash. 

Uomini liberi. Dell'antico e leggendario regno del Cafiristan rimangono tre valli nell'alto Chitral pakistano: Rumbur, Bumburet, Birir. Piene di pini, querce, noci. 

Gonfie di acque. La loro esistenza è un rebus antropologico,un miracolo di sopravvivenza in un ambiente estremo. I Kafiri Kalash si proclamano anche “ultimi greci dell'India” : sostengono di discendere dagli eroi dell'invincibile armata di Alessandro il Grande che nel 326 a.c. attraversò il Cafiristan per conquistare l'India. 

Gli antropologi dicono che la loro storia inzia quattromila anni fa con le migrazioni dei popoli indo-iraniani attraverso le valli dell'Oxus (l'Amu-Darja). Oggi i Kafiri vivono sempre più stretti nei loro nidi d'aquila abbarbicati a mezza montagna, collegati da sentieri che costeggiano acquedotti pensili. Le fate kafire risiedono nelle terre purissime delle vette. Proteggono gli stambecchi, gli sciamani, i re pastori e tutta la natura nuda e selvaggia dell'alta montagna. 

I Kafiri appartengono a una cultura caprina , che predica il nomadismo, la sacralità della wilderness e del caprone totem. La capra è un tesoro. Il potere di un uomo si misura dal numero delle sue capre. Il simbolismo della capra compare dappertutto: nelle porte dei granai, nelle ciotole di legno d'uso quotidiano, nei ricami delle tuniche delle bellissime donne kafire che ti sorridono senza chador e senza veli.

Italo Bertolasi


Enemies of Allah, infidels. One of the smallest and most combative populations of the Earth is called Kafir. But the thousand of Kafirs who have survived in a mountainous paradise in the midst of the rocky labyrinths of the Hindu Kush, who have never been tamed and have never been Islamized, proclaim themselves Kalash (Free Men). Three valleys in the high Pakistani Chitral remain of the ancient and legendary kingdom of Cafiristan: Rumbur, Bumburet, Birir. These valleys were full of pines, oaks, and walnut trees and swollen with rich waterways. Their existence is an anthropological rebus, a miracle of survival in an extreme environment. The Kalash Kafirs also declare themselves to be the “ last Greeks of India”; they claim they descend from the heroes of Alexander the Great's Invincible Armada which, in 326 B.C., passed through Cafiristan to conquer India. Anthropologists say that their story began four thousand years ago with the migrations of the Indo-Iranian peoples through the Oxus valleys (the Amu-Darja). Today, the Kafirs live increasingly in tight-knit communities of their eagle-nests, huddled against the mountain slope and connected by paths that flank pensile aqueducts. The Kafir fairies live in the purest lands of the peaks. They protect the ibexes, the shamans, the shepherd kings and all the wild and naked nature of the mountain tops. The Kafirs belong to a goat-based culture that preaches nomadism,the sacredness of the wilderness and the totem of the goats. Goats are a treasure to the Kafirs. A man's power is measured by the number of his goats. The symbol of the goat appears everywhere: on the doors to the granaries, on the wooden bowls of everyday use, on the embroidery of the tunics worn by the beautiful Kafir women who smile at you without veils or chador.

Italo Bertolasi


Foto 88: Le Trecciaiole di Campoduno

Photo 88: The Braids of Campoduno

Il mestiere delle trecciaiole era un antico e largamente diffuso mezzo di sostentamento per le famiglie di contadini della montagna bolognese. Mestiere riservato principalmente alle donne di qualsiasi età che, di madre in figlia, si tramandavano questa abilità manuale attraverso la quale dei semplici rametti o fili di paglia diventavano delle lunghe e robuste trecce. 

Queste trecce venivano poi vendute e con esse venivano prodotti cappelli, sporte e ceste.In inverno ci si trovava alla sera nelle stalle per sfruttare il calore naturale degli animali, visto che la legna per riscaldare le case era riservata ai padroni mentre ai contadini era concesso bruciare solo i bacchetti più sottili e, mentre si faceva la treccia, tutta la comunità si riuniva a veglia. 

Si stava in compagnia e ci si divertiva sfidandosi in gare di velocità di treccia, si cantava e si ascoltavano i fulai, abili raccontastorie che con la loro fantasia incantavano grandi e piccini. In queste occasioni, sotto gli attenti occhi degli anziani, nascevano i primi amori fra i giovani.

La foto ritrae un gruppo di trecciaiole in posa, intente a scegliere la paglia più adatta per il confezionamento delle trecce. Siamo a Campaduno, borgata in valle di Savena, nel comune di Monzuno, situato nel cuore dell’appennino bolognese. Un piccolo e antico borgo di case in sasso, circondato dai boschi di quercia, rovo e di ginestra che è tuttora abitato e ottimamente conservato.



The craft of braiders was an ancient and widespread means of livelihood for the peasant families of the Bolognese mountains. The craft was reserved mainly for women of any age who, from mother to daughter, handed down this manual skill through which simple twigs or threads of straw became long and sturdy braids. 

These braids were then sold and with them hats, shopping bags, and baskets were produced. In the winter, women were in the stables during the evening taking advantage of the natural heat of the animals. Since the wood used to heat the houses was reserved for the owners, the farmers were allowed to burn only the thinnest of sticks. While the braid was made, the whole community gathered to watch. 

We were in company and we had fun challenging each other in braid speed races, we sang and listened to the fulai (skilled storytellers who enchanted young and old with their imagination). On these occasions, under the watchful eyes of the elderly, the first loves among the young were born.

The photo portrays a group of braiders posing, intent on choosing the most suitable straw for the packaging of braids. We are in Campaduno, a village in the Savena valley, in the municipality of Monzuno, located in the heart of the Bolognese Apennines. A small and ancient village of stone houses, surrounded by oak, bramble and broom woods that is still inhabited and well preserved.


Foto 89: Le Madonie tra religione, natura e cultura
Photo 89: Madonie between religion, nature and culture


Questo è una foto della rappresentazione sacra chiamata “ La Cerca di Cristo ”, la quale ogni anno, il Venerdì Santo, rievoca a Collesano (nel Parco delle Madonie) l'ascesa al Calvario di Gesù Cristo. 

Nelle mani del confratello della congregazione del Santissimo Crocifisso, alla quale è affidata l'organizzazione, si possono notare dei chiodi con chiaro riferimento simbolico. 

Il Parco delle Madonie istituito nel 1989 si trova nella città metropolitana di Palermo ed è ricco di biodiversità, flora, fauna e di particolare interesse per le caratteristiche geologiche che sono da sempre al centro di studi e ricerche . Comprende il massiccio montuoso delle Madonie, situato sulla costa settentrionale siciliana, tra i fiumi Imera e Pollina. 

Dal 2001 il Parco è entrato a far parte degli European Geopark Unesco .

Straordinario è il patrimonio naturalistico che annovera alcuni endemismi come l’Abies Nebrodensis , (detto anche l'abete dei Nebrodi e delle Madonie ), in via d’estinzione unici al mondo che creano un microcosmo in cui natura e cultura si intrecciano. 

Nei 15 borghi tanta bellezza artistica monumentale, prodotti gastronomici unici al mondo come la “manna”(linfa estratta dalla corteccia di alcune piante come i frassini , prodotto tipico siciliano che rientra nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali del Ministero dell'Agricoltura) e rappresentazioni sacre centenarie, identità di ogni singola comunità che raccontano un territorio aperto all’ospitalità, alla promozione e conservazione di questa territorio per le generazioni future.


This is a photo of the sacred representation called "The Search for Christ ", which every year on Good Friday, recalls the ascent to the Calvary of Jesus Christ in Collesano, Madonie Park.  In the hands of a Brother in the congregation of the Most Holy Crucifix, to whom the organization is entrusted, nails can be seen with clear symbolic reference. 

Madonie Park, established in 1989, is located in the metropolitan city of Palermo. It is rich in biodiversity, flora, fauna, and it is of particular interest for the geological characteristics that have always been at the center of studies and research. It includes the Madonie mountain massif, located on the northern coast of Sicily, between the rivers Imera and Pollina. 

Since 2001, the Park has become part of the European Geopark UNESCO.

Extraordinary is the natural heritage that includes some endemic species such as the Abies Nebrodensis, (also called the Nebrodi and Madonie fir), an endangered species and unique in the world, that creates a microcosm in which nature and culture intertwine. 


Foto 93: La raccoglitrice di erbe del Peloponneso

Photo 93 Herb gatherers of Peloponneso

Il piccolo paese di Kaisarion (Καισάριον) si trova sulle pendici del monte Konomavra (όρος κωνομαύρα 1300 m s.l.m.), nel Peloponneso nord-orientale, in Grecia.

La piazza del paese ospita un platano secolare che con i suoi grandi rami offre ombra nelle giornate d’estate. La vista dalla piazza dà sulla valle dove ci sono i campi coltivati dagli abitanti. Le principali coltivazioni sono lenticchie, grano e uva con la quale si ricava un ottimo vino rosato aromatizzato alla resina di pino.

La donna nella foto sta pulendo le verdure che ha raccolto nel suo orto e nei campi vicino a casa. Le serviranno per preparare nel forno a legna dietro casa la spanakopita (Σπανακόπιτα), torta salata ripiena di spinaci (da σπανάκι 'spinaci' + πίτα 'torta'). 

La torta viene preparata con più sfoglie sovrapposte di farina e acqua, tirate al mattarello molto sottili e unte con abbondante olio d’oliva. Il ripieno è composto da spinaci e altre verdure a foglia non amare (bietola, ortica, borragine, ecc.), cipolla, finocchietto selvatico e feta, il tipico formaggio greco di pecora.La foto risale ai primi anni ‘90 ma ancora oggi quasi tutte le case del paese hanno il forno a legna, che viene acceso ogni settimana per preparare il pane e altri prodotti.


The small village of Kaisarion (Καισάριον) is located on the slopes of Mount Konomavra (όρος κωνομαύρα 1300 m a.s.l.m.), in the northeastern Peloponnese, Greece. The village square is home to a centuries-old plantain tree that with its large branches offers shade on summer days. The view from the square is a valley where there are the fields cultivated by the inhabitants. The main crops are lentils, wheat and grapes with which an excellent rosé wine flavored with pine resin is obtained. The woman in the photo is cleaning the vegetables she has collected in her vegetable garden and in the fields near home. They will need them to prepare in the wood-burning oven behind the house the spanakopita (Σπανακόπιτα), a savory pie stuffed with spinach (from σπανάκι 'spinach' + πίτα 'cake'). The cake is prepared with several overlapping sheets of flour and water, rolled very thin and greased with plenty of olive oil. The filling consists of spinach and other non-bitter leafy vegetables (such as chard, nettle, and borage), onion, wild fennel and feta, the typical Greek sheep's cheese. The photo dates back to the early 1990’s, and still today almost all the houses in the village have a wood-burning oven, which is lit every week to prepare bread and other products.

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